Verso il 1910 uno zoologo russo disse di essersi imbattuto in un cosacco che diceva di aver potuto osservare per settimane un Almas femmina che era stata catturata da alcuni agricoltori e tenuta per settimane legata ad una macina prima di liberarla.
Grazie a questo contatto il mandriano aveva potuto fornire parecchie informazioni sulle abitudini dell’Almas. La storia più incredibile però riguarda Zana, un’altra Almas vissuta in una fattoria del Caucaso da schiava nel 1900.
Catturata e passata da un padrone all’altro finì per essere condotta in catene nella fattoria di un uomo, un certo Edgi Genaba che la rinchiuse prima in un recinto fino a che si ammansì e poi la lasciò libera di girare quando ormai si era ammansita.
Esteticamente era brutta e coperta di pelo nero rossiccio, non sapeva parlare ed emetteva solamente borbottii incomprensibili. Zana non sopportava di stare nei locali chiusi così rimaneva sempre fuori a occuparsi di lavori.
Nel 1964 fu uno storco russo, Boris Porshnev, a cercare informazioni sulla donna dalla gente del posto. In quei luoghi sono tutti molto longevi, così il russo riuscì a trovare persone che dicevano di averla conosciuta.
Alcuni sostennero di essere stati al suo funerale, però la cosa più incredibile fu che incontrò due “presunti” nipoti di Zara. La Almas avrebbe dato alla luce due figli, ovviamente di uomini diversi, che però avrebbe lavato al fiume facendoli morire, così le persone del villaggio avevano preso l’abitudine di portarglieli via appena nati, in modo da farli crescere da altre famiglie.
Sarebbero in questo modo riusciti a sopravvivere due maschietti e due femminucce. I mezzosangue non erano però esteticamente così diversi dagli indigeni, se non per il colore più scuro della pelle e per il carattere, più turbolento.
Porshnev cercò i resti di Zana che non trovò, rinvenì però quelli di un suo figlio e ne dedusse che gli Almas non era altro che ultimi discendenti degli uomini di Neanderthal.