Wicca, il segreto pagano nascosto sotto il Natale – II

La tradizione pagana, la magia e i rituali continuano ancora oggi attraverso il “ceppo di Natale” e gli alberi nelle case, che rappresentano il ritorno del sole, della fortuna per la famiglia. Lo stesso simbolismo l’hanno i piccoli abeti e le decorazioni ad albero che si appongono fuori e dentro le case.

E il vischio? Anche quello era sacro per le persone che vivevno in Europa, celtici e Nordici. Spesso i celtici lo utilizzavano nei riti per la fertilità e sotto di esso ci si poteva baciare. Tra gli scandinavi, su al Nord, era sacro a Thor.

Wicca, il segreto pagano nascosto sotto il Natale – I

Qual è il segreto nascosto dalla festa di Natale e che il Cristianesimo nasconde da secoli? Per quale motivo è nata questa festa? E allora San Nicola e Sinder Klaas? E Babbo Natale per come lo conosciamo? Domande molto curiose a cui rispondono dal mondo della stregoneria, più  precisamente dal mondo wiccano.

Il segreto pagano è stato tenuto nascosto in modo che nessuno lo conoscezze. Dalle pagine di witchology il dottor Leo Ruickbie, direttore del centro Wica, racconta che Gesù non sarebbe nato il 25 dicembre dell’anno I. Correva l’anno 753 dalla fondazione della città di Roma e si stavano tenendo i grandi festeggiamenti annuali in onore di Saturno, i Saturnali.

Nei territori Romani della Palestina celebravano Hanukkah nell’anniversario della riconquista del Tempio di Gerusalemme e in ogni parte del mondo, dall’Europa alle Americhe si festeggiava il Solstizio d’Inverno, la più lunga notte dell’anno, con rituali e festività.

Stregoneria e i Lupi Mannari

Nel 1500 un grande lupo pareva aggirarsi nelle campagne tedesche, vicino alle città di Colonia e Bedburg. Attaccava molto spesso sia animali domestici che uomini e spargeva terrore. Le vittime erano numerose e le persone ormai spaventate all’idea di andare per strada.

Un libretto ritrovato e scritto in quei tempi, era il 1591, raccontava che nei campi attorno alle città furono ritrovati pezzi di corpi umani a brandelli, qualcos di orribile e macabro. Nonostante in qualche modo ci provassero non riuscivano a catturare il lupo.

Lo trovarono alla fine un gruppo di uomini che gli aizzarono contro i loro cani, ma quando si avvicinarono scoprirono che non si trattava di un vero lupo, bensì di un uomo che conoscevano. Era un tale di nome Peter Stubbe, un uomo che si trasformava in lupo mannaro per causa di un incantesimo.

Le streghe inglesi nel Cinquecento

Nel 1500 la caccia alle streghe imperversava in Europa e arrivò anche in Inghilterra. Inizialmente le donne prese di mira furono le anziane ed eccentriche, fattucchiere che utilizzavano la magia, accusate di avere demoni al loro servizio.

Sull’isola però si fecero meno processi che nel resto del continente, i condannati non venivano torturati come altrove e nemmeno bruciati, ma impiccati. Spesso alcune delle vittime erano state dichiarate streghe per azioni commesse.

Una di loro fu Anne Bodenham di Wiltshire, che da quanto si vide in un dipinto, aveva fatto un cerchio  magico per leggere il futuro. Fu accusata di stregoneria, si difese, ma non potè nascondere di essersi interessata di occultismo. Portava al collo un sacchetto con dentro un rospo e dava consigli su erbe e veleni.

Circe, maga famosa del passato e della mitologia

Gli antichi Romani presero molte divinità e figure dalla Grecia e diedero vita alla loro mitologia. La bellissima e bionda Maga Circe è una di queste figure. Figlia del dio Sole, Elios, era una strega ed è una di quelle che è stata meglio descritta nella mitologia classica.

Nell’Odissea la maga Circe e i suoi poteri hanno un ruolo centrale. Esiliata sull’isola di Eea per aver avvelenato il suo sposo, re dei Sermati, la maga passava le sue intere giornate cantando e tessendo in un meraviglioso palazzo di marmo nascosto alla vista da una lussureggiante foresta.

Ulisse sbarcò sull’isola insieme ai suoi uomini che mandò in avanscoperta in un giro di ricognizione. Guidati dal fido Euriloco vennero attirati dal suono dolcissimo della voce della maga fino al suo palazzo.

Un innocente condannato per stregoneria – parte III

Il boia consigliò a Junius di confessare inventandosi storie che mettessero fine alle sue sofferenze e martoriato nel fisico e nello spirito il borgomastro finì per farlo. Anche questo scrisse nella lettera alla figlia, come se volesse chidere perdono per aver confessato il falso e aver messo nei guai altre persone.

Ma era una catena in cui anche lui era finito a causa delle false confessioni delle donne torturate prima di lui. Junius disse d’essere stato irretito da una donna demone e di aver giurato fedeltà al diavolo, di essere andato con le streghe ai sabba e cavalcato un cane nero volante.

Queste sue confessioni non bastarono e fu torturato nuovamente, così affermò d’aver cercato di uccidere i suoi figli e continuò a inventare orribiltà nella speranza di cavarsela. Poi gli chiesero di fare i nomi di chi era con lui.

Un innocente condannato per stregoneria – parte II

Il principe-vescosvo di Bamberg confiscò i beni alle persone che fece uccidere, ma anche a quelle che teneva imprigionate. Un documento redatto nel 1631 attestava che i suoi “cacciatori di streghe” a cui faceva trarre moltissimi vantaggi dal loro “lavoro”, avevano confiscato circa 500.000 fiorini e monete d’oro alle vittime giustiziate e altri 220.000 ai prigionieri.

Oltre al profitto, che già di per sè era una buona causa, c’era anche un’altra motivazione: la Germania era uno stato che non aveva unità religiosa ed era stata messa in ginocchio dala “guerra dei trent’anni”.

L’esercito cattolico e quello protestante si affrontavano spesso facendosi la guerra. Nel tentativo di risolvere i problemi e giustificare il loro operato, i cattolici si affidavano alle argomentazioni di gesuiti e domenicani nel tentativo di trovare il modo per riconquistare le raccaforti protestanti.

Un innocente condannato per stregoneria – parte I

Johannes Junius era il borgomastro di Bamberg fu accusato di stregoneria e rinchiuso nella prigione delle streghe dove venne brutalmente torturato. Con le mani stritolate dai serrapollici riuscì lo stesso a scrivere una lettera alla figlia in cui la esortò a scappare e mettersi in salvo.

La sua lettera è uno dei rari documenti che ci sono pervenuti e che attestano le indicibili brutalità a cui erano sottoposte le persone che venivano tacciate di stregoneria. Era il 1628 e l’uomo scriveva che chi veniva torturato aveva solamente due possibilità: o diventava veramente una strega inventandosi delle scuse plausibili oppure si lasciava torturare fino ad essere ucciso.

Migliaia di innocenti persero la vita in quel periodo esattamente come Johannes Junius. La stessa moglie del borgomastro era stata bruciata nel forno delle streghe otto mesi prima.

Nell’orto della strega, nozioni di erboristeria – parte II

Dopo aver parlato di fiori del volo ed erbe medicinali, passiamo ora a trattare in modo un pò generale le piante degli incantesimi. Uno dei fiori più utilizzati dalle streghe era il papavero bianco, per le sue proprietà sedative, che conducono ad un sonno profondo.

La pervinca, chiamata anche viola delle streghe, pestata assieme ai lombrichi, cosa questa un pò vomitevole, provocava il colpo di fulmine. Un’altra pianta dagli incredibili poteri era la rosa di Natale che era utilizzata per compiere incantesimi potentissimi e rendersi invisibili.

E per scoprire tesori nascosti? Niente paura, era suffiente un rametto di amamelide, un arbusto originario dell’America settentrionale, per diventare una rabdomante perfetta! E che dire della mitica… mandragola! Machiavelli ne ha persino dato ul nome ad una sua commedia teatrale. Era l’ingrediente base di quasi tutte le pozioni afrodisiache, scatenava la passione e provocava gravidanze.

Streghe e civette, fin da tempi di Ovidio

 Streghe e civette hanno sempre fatto parte della storia dell’uomo. In latino la parola “strix” indicava sia l’animale, ovvero la civetta, che la strega. Fin dall’antichità se ne parlava. Per i romani, citiamo ad esempio Ovidio e Plinio, che ne scrissero, il verso di questo animale rappresentava la morte e quindi, quando lo si udiva si sapeva che portava morte.

Se malauguratamente una civetta entrava in una abitazione o un edificio, le persone scappavano fuori allarmate dall’infausto presagio e non ritornavano all’interno fino a che il luogo non veniva purificato con acqua e zolfo. Questo serviva per distruggere le influenze negative che l’animale aveva portato.

La povera civetta portava questo genere di reazioni un pò in tutto il mondo antico. A causa della loro conformazione e del loro aspetto, insolitamente umano, questi animali notturni, che piombano sulla preda gettandosi dai rami degli alberi, vengono ritenute spiriti maligni.

Gatto, complice di malefatte con streghe e oggetto di venerazione in Egitto – parte II

Fu il cristianesimo, che da sempre lottava contro tutto ciò che era “pagano” ad asserire che i gatti e altri animali sacri, non erano altro che demoni minori e si adoperò per estirpare il culto. Nonostante l’elaborazione di una dotrina ecclesiastica che indusse i più “creduloni” a vedere l’ombra di Satana in loro e in chiunque avesse stretti legami con l’animale, le superstizioni sui poteri magici dei gatti rimasero nelle convinzioni collettive.

La cristianizzazione del continente europeo non riuscì tuttavia a portare a termine il “lavoro” anche se molti pagarono per le loro convinzioni. Ad esempio i Catari furono accusati di adorare il diavolo sotto forma di gatto e anche per questo perseguitati.

L’Europa venne stretta sotto la morsa della “Caccia alle streghe”. Le donne, sotto tortura, finivano per confessare anche crimini che non avevano commesso e le assurde storie raccontate dalla Chiesa trovavano nelle confessioni il fondamento.

Gatto, complice di malefatte con streghe e oggetto di venerazione in Egitto – parte I

Il gatto era per antonomasia, l’animale preferito dalle streghe, complice di malefatte, ma anche compagno fedele. Però non erano l’unico animale che veniva associato alle streghe. C’erano anche: porcospini, merli, conigli, furetti, gufi e civette, rospi, di cu abbiamo già parlato, e rane.

Nell’Inghilterra del 1600 i gatti erano considerati al servizio delle streghe e spesso utilizzati come prove delle attività di stregoneria nei processi. Questo a causa dell’attaccamento e l’affetto che i padroni manifestavano verso le loro piccole creature domestiche.

Gli amanti dei gatti erano particolarmente esposti ai sospetti e alla possibilità d’essere accusati di stegoneria proprio per le supestizioni ad essi legati. Questi animali che in molti paesi erano ritenuti malefici e servitori di Satana e delle streghe millenni prima erano stati venerati.

Stregoneria, rospo complice di malefatte

I rospi non furono mai considerati oggetto di culto come i gatti, ma per lungo tempo furono loro attribuiti poteri arcani. All’incirca novemila anni fa la Dea Madre in statuette di argilla o pietra veniva proprio raffigurata come un rospo. Nell’antichità greci e poi romani, erano convinti che i rospi avessero la capacità di prevedere e anche influenzare la meterologia, ovvero il tempo.

Un importante soggetto del mondo antico, più precisamente del I secolo d.C., Plinio il Vecchio, aveva un concetto suo di queste creature e consigliava ai contadini di tenere nei campi dei vasi contententi terraglia e rospi per tenere lontani i temporali e tempeste che potevano rovinare il raccolto.

Ma era anche convinto che i rospi fossero pieni di veleno. Circa un secolo dopo, un altro personaggio, Eliano, nel suo “Della natura degli animali” scrisse che mescolando vino con il sangue di rospo si poteva ottenere una bevanda mortale. Questa non era solamente una credenza, aveva un fondo di verità.

Poltergeist nel villaggio di Cideville, a processo uno stregone

Il tranquillo villaggio di Cideville, poco più di 100 chilometri da Parigi, nel 1851 è stato sconvolto dalla presenza di un entità che causava fastidi e rumori nella canonica, ma procediamo con ordine. Il prete del villaggio, un certo padre Tinel, andò a trovare un parrocchiano malato, che poi morì.

Quest’uomo era stato curato da un sedicente stregone che il prete fece arrestare e incarcerare. Dalla prigione in cui fu chiuso giurò vendetta e per metterla in atto utilizzò un suo discepolo, padre Thorel, che, quando incontrò i due ragazzi che vivevano nella canonica con il prete, pose le mani sopra le loro teste e recitò una misteriosa formua magica.

Appena i due giovani tornarono in canonica scoppiò il finimondo. Prima il vento scosse l’edificio, poi vi furono colpi e rumori di cui non si capiva la provenienza. I tavoli si spostavano, attizzatoi e candele si muovevano nell’aria, sedie e tappeti si muovevano.