Il volo delle anime nell’antichità

 

L’anima umana fin dai tempi antichi è stata identificata con un uccello e si trova molto spesso nella tradizione orale di parecchie culture e religioni dal’età paleolita ad oggi e questo perchè un uccello ha ali per volare.

Si può definire una metafora questo modo di vedere le cose. La capacità di volare rappresenta la possibilità di staccarsi dalle cose terrene e alzandosi nel cielo l’anima viene portata a più elevate altezze. Un proverbio indiano dei Kelta citava: “se è stato un cattivo indiano un falco catturerà l’uccello e lo mangerà con corpo e piume, se invece è stato un buon indiano l’uccello dell’anima giungerà nella terra degli spiriti”.

I primi uomini a rappresentare l’anima in forma di uccello furono quelli delle tribù dell’età della pietra, circa 15.000 anni fa. Se ne trova una prova nella pittura rupestre trovata a Lascaux in Francia e mostra un bisonte sopra al cacciatore che ha appena ucciso.

I simboli dell’anima umana

La spirale. Con la sua forma che si snoda e si intreccia in un senso o nell’altro, in un ciclo senza fine, ha sempre affascinato l’umanità dagli albori della sua nascita fino ad oggi.

Tantissime culture ne hanno fatto un simbolo, dall’Antico Egitto all’Europa, dall’America Latina alle isole del Pacifico più meridionale. La spirale compare su monete e sigilli, su ceramiche e in mosaici che adornano cattedrali, in tatuaggi e disegnata per terra.

Il simbolo della spirale è stto utilizzato anche per decorare le pareti interne di tumuli sepolcrali in Irlanda e Gran Bretagna. In Egitto è stata ritrovata da alcuni archeologhi una tomba reale a forma di labirinto spiroidale risalente a circa 3400 anni a.C.

Il destino dell’anima dell’uomo

 

Esiste una vita dopo la morte? E in caso contrario, che senso avrebbe la vita umana se non fosse così? Quale scopo avrebbero la morale o il buon comportamento se tutto finisse al finire della vita?

Le menti sono destinate a “spegnersi” e il corpo alla decomposizione? Per l’uomo questo concetto è probabilmente sempre sembrato inaccettabile per questo, dall’alba dei tempi, ha continuato a discquisire sull’anima umana cercando risposte che potessero soddisfarlo.

L’uomo voleva sentire di avere una speranza, di sapere che non sarebbe morto, che avrebbe portato con sé le sue esperienze, i suoi ricordi e le conoscenze in un mondo che andava oltre il suo tempo con il corpo che aveva.

I colori e il mondo spirituale – Steiner, parte II

Rudolf Steiner nacque nel 1861 in Jugoslavia, da genitori austriaci e si dimostrò fin da subito un bambino “diverso”. Da quanto lui stesso raccontava, fin dai primi mesi di vita si rese conto che esisteva un “mondo invisibile” che in seguito avrebbe chiamato “regno dello spirito“.

Divenuto adulto fu padre del movimento antroposofico e descrisse con dovizia di particolari alcune esperienze che visse prima dei dieci anni. Narrò di una donna disperata che gli era apparsa e che aveva appena lasciato il mondo dei vivi. In seguito seppe che una sua parente si era suicidata proprio quel giorno.

Gli esseri che vedeva spesso gli apparivano più reali delle persone che lo circondavano, ma ben presto capì che non tutti, anzi a dire la verità molto pochi, avevano le sue stesse capacità. Pur essendo un bambino gentile ed educato rimase solitario e isolato, chiuso nel mutismo e pensieroso.

I colori e il mondo spirituale – parte I

In quasi tutte le culture del mondo a ciascun colore viene attribuito un significato particolare. Ad esempio in Occidenta al colore rosso si associa la rabbia, al verde la vita. Secondo Rudolf Steiner i colori invece aveva un significato più profonto ed erano un accesso al mondo spirituale.

Steiner aveva dei poteri divinatori e con questi era in grado di cogliere il significato spirituale proprio di ciascun colore. In una sfumatura di rosso magenta lui ci trovava “l’immagine vivente dell’anima” visibile nell’io astrale di uomini , animali e piante. Il verde invece per lui rappresentava la vita senza spirito, cioè senz’anima.

Da queste sue convinzione ne si deduce che l’uomo fosse profondamente convinto della natura spirituale dell’uomo. In tutti i progetti di Steiner il significato spirituale dei colori affiorava. Arrivò persino a disegnare e colorare quadri realizzati con un sistema pittorico che applicava alle tele.

Lo stato mentale del medium, le comunicazioni con i morti – parte II

Leopold era l’uomo che aveva salvato Hèléne quando era bambina il giorno in cui era stata assalita da un cane. Si era poi dato alla fuga senza dirle come si chiamasse o altro. Flournoy, il professore di psicologia, arrivò a concludere che il potere di telecinesi e di telepatia imputati a Hèléne fossero del tutto veritieri. Affermò che la donna aveva poteri paranormali.

Hèléne sembrava fosse predestinata a questa vita di talenti paranormali fin dall’infanzia e il suo sdoppiamento di personalità non fosse dovuto, come pensavano, ad un trauma. Un’altra donna fu studiata dagli psicologi. Si trattava di Pearl Curran, di Saint Luis. Lei era stata una persona normale fino al luglio del 1913 quando dilettandosi con la tavola di Ouija ricevette un messaggio.

Diceva: “Vissi molti mesi fa, ora ritorno. Mi chiamo Patience Worth“. La ragazza era in realtà una quacchera nata nel 1600 in Inghilterra e parlava solo tramite la Curran. Dalla bocca di quest’ultima uscivano poesie, romanzi, commedie che trovavano lettori in tutti gli Stati Uniti.

Lo stato mentale del medium, le comunicazioni con i morti – parte I

I grandi medium del passato hanno attratto l’interesse degli psicologi che volevano spiegare le loro “presunte” comunicazioni con l’aldilà e gli spiriti dei morti attraverso la patologia che chiamano “dissociazione” della personalità, in pratica una malattia della mente.

Questa patologia era stata descritta per la prima volta nel 1815 e divenne famosa grazie a Robert Louis Stevenson che la utilizzò nel suo racconto Dottor Jekill e Mister Hyde, il suo mostruoso alter ego. Le due persone che convivono hanno caratteristiche completamente diverse e la seconda sfugge alla prima, non ha cioè controllo cosciente su di essa.

Gli psicologi erano convinti che sorgesse a causa di un grave shock emotivo come la perdita di un genitorie, di un grande amore, per esempio. La prima medium che venne studiata a fondo in questo senso fu Hèléne Smith che all’età di trent’anni aveva aderito al circolo degli spiritisti di Ginevra.

La sfida di Kidd: la ricerca dell’anima

Abbiamo raccontato la storia di James Kidd, della sua misteriosa sparizione e del testamento a dir poco insolito: la sfida alla scienza di dimostrare l’esistenza dell’anima. Ma come avrebbero potuto trovare la risposta al più grande enigma, il più grande mistero dell’umanità?

L’anima umana è stata definita in tantissimo modi e in molti si occupati di provare la sua esistenza: dagli uomini primitivi agli attuali premi Noel in campo neurologico. Ogni religione ha cercato di legare l’essenza umana a entità superiori sforzandosi di capire la parte spirituale dell’uomo, quel sé sconosciuto.

L’anima umana è stata definita in tanti modi, ma la sostanza è una: si tratta di qualcosa di invisibile che dà vita al corpo fisico, un’essenza che da esso può separarsi per viaggi e poi farvi ritorno, oppure abbandonarlo per sempre al momento della sua morte fisica. Viene anche chiamata coscienza, personalità, o più erronemanete mente.

Lo strano caso di James Kidd e la ricerca dell’anima – parte I

James Kidd era un minatore e cercatore d’oro che nel 1949 morì. In realtà scomparve senza lasciare traccia e dato che non aveva né figli, né parenti, né amici, ci misero qualche giorno a comprenderlo.

Viveva in una baracca da quattro soldi, vestiva in modo dismesso, non aveva denaro, non frequentava nessuno. Amava starsene per conto suo e fumare sigari da quattro soldi. Poi qualcuno si accorse della sua scomparsa e iniziarono a cercarlo.

Non trovandolo lo diedero prima per scomparso, e poi per morto. Non aveva praticamente nulla, quindi non vi furono grossi problemi e passarono anni prima che un’impiegata dell’ufficio successioni in Arizona si occupasse del caso e delle poche cose di proprietà dell’uomo.

Luis Antonio Gasparetto, pittore che non sa dipingere: spiriti guida

Gasparetto, psicoterapeuta brasiliano, non solo non sapeva dipingere, ma nemmeno dare una sola pennellata ad una tela! Eppure deve la sua fama ai numerosi quadri da lui dipinti con un’incredibile varietà di stili. Il merito di questo suo “strano” talento? Gli spiriti.

Anime di pittori che hanno scelto lui come veicolo per proseguire con la realizzazione delle loro opere. Luis Antonio nasce a San Paolo nel 1949 e scopre di essere channeler all’età di sette anni. Durante una seduta della madre, una medium, cominciò a dipingere automaticamente, come se la sua mano fosse guidata.

Passarono sei anni prima che riprendesse l’attività di dipingere e da quel momento ha prodotto opere nello stile di Goya, Van Gogh, Picasso e non solo. Anni dopo, nel 1978, venne ripreso in diretta durante una trasmissione mentre dipingeva ventun quadri, alcuni simultaneamente.

Channeler e la New Age degli anni Ottanta – parte II

Pare che tutto ebbe inizio in una regione dello Stato di New York, nota come “il distretto bruciato” per i fuochi di risveglio religioso che venivano accesi. Movimenti religiosi vi nacquero tra cui mormoni, shaker, secessionisati, perfezionisti cristiani, femministe convinte.

A quei tempi alla gente comune sembravano tutti uguali e il distretto sembrava ai più un covo di sovversivi, ma poi alcuni movimenti rientrarono nella “rispettabilità” e a metà dell’800 nacque proprio in quella zona un movimento socio-religioso che avrebbe coinvolto milioni di persone. Durò trent’anni e si propagò a macchia d’olio da lì al resto dell’America per arrivare fino in Europa.

Da questo nacque la New Age. Le origini dello spiritismo si fanno risalire a due ragazzine, le sorelle Fox, che non pensavano certo che avrebbero suscitato tanto e tale interesse. Le due sorelle Kate e Maggie, erano bambine del tutto normali, prive di immaginazione, figlie di una coppia metodista che si trasferì nel “distretto bruciato”.

Channeler e la New Age degli anni Ottanta – parte I

Il Channeler è quella persona che è capace di essere tramite tra il mondo dei vivi e il mondo degli spiriti. Diventa il veicolo tramite il quale lo spirito parla occupando momentanemanete il corpo della persona viva che viene chiamata “ospite”.

Negli anni Ottanta il fenomeno dei channeler divenne il centro della New Age un movimento nel quale si poteva ricevere consulenza parapsicologica, predizione del futuro, essere mandati a ritrovare le proprie vite passate, e molto altro.

Per la New Age l’uomo stava entrando in un’epoca di eccezionale illuminazione e progresso spirituale. Il channeler era lo strumento per raggiungere gli spiriti, tenutari della saggezza antica e ultraterrena con la quale danno consigli e conforto.

L’anima esce dal corpo, viaggi extracorporei che fanno in molti – parte II

Gli scettici rifiutano l’idea dei viaggi extra corporei e di tutto ciò che viene chiamato paranormale, ritenendoli sogni, allucinazioni e cose simili. Chi invece ne sostiene la veridicità, asserisce che, a causa del senso di realtà che si prova nel mentre, è impossibile scambiarle per qualcosa di diverso. Per tutte le persone che ne descrivono le caratteristiche si trovano grandi similitudini.

Uno studioso di questi fenomeni, Eugene E. Barnard, stimò che almeno una persona su cento durante la vita ha un’esperienza di questo tipo. Altri invece sostengono che la percentuale è di 15-20 persone su cento! Un altro ricercatore, Charles T. Tart sostenne che potenzialmente ogni persona potrebbe fare una simile esperienza per il solo fatto di essere vivo.

E le definì un archetipo, secondo ciò che diceva Carl Jung. Ma la storia dei viaggi extracorporei non ha vita tanto breve. Tornando indietro nel tempo scendiamo fino all’epoca della civiltà egizia. Gli egiziani ritenevano che ogni “corpo” avesse un corpo astrale, o spirituale, chiamato “ba”, che alla morte del corpo di carne si staccava da questo senza però abbandonarlo completamente. 

L’anima esce dal corpo, viaggi extracorporei che fanno in molti – parte I

I viaggi dell’anima sono esperienze che in molti raccontano di aver fatto, fin dall’inizio dei secoli le persone, delle più diverse nazionalità e razze, ma anche estrazione sociale, hanno sempre parlato della possibilità di staccarsi dal corpo terreno per poter prendere “il volo” solamente come spirito, essenza, o anima. Gli studiosi di fenomeni paranormali hanno sempre cercato di dare una spiegazione a tutto questo.

Gli studi condotti hanno portato alla conclusione che non c’è  una maggior predisposizione a questi viaggi dell’anima che dipenda da razza, etnia, nazionalità luogo in cui si vive. Si verificano in Tibet, tanto quanto in Africa, tra i francesi o nel Borneo e nell’Oceania. Anche se non sembra dipendda nemmeno dalla professione molti scrittori hanno raccontato e scritto dettagliamente le loro esperienze extracorporee.

Ma oltre ad esserci molti personaggi famosi che l’hanno sperimentato, specialmente artisti, ci sono anche migliaia di persone comuni che possono raccontarne. Ci sono alcuni fattori che “conciliano”, ovvero che favoriscono questo tipo di viaggi extra corporei.