Platone discepolo di Socrate e il dualismo di anima e corpo – II

Continuo il discorso iniziato qualche tempo fa sul dualismo tra anima e corpo portato avanti tra gli altri anche da Platone. Torniamo al concetto che il corpo è un peso per l’anima e i due sono tenuti insieme da piacere e dolore.

È la morte che libera l’anima da questo peso quindi va considerata come uno scioglimento e separazione che porta a liberare dalle passioni e alla vera conoscenza. Platone era profondamente convinto dell’immortalità dell’anima e questo rendeva meno spaventosa la morte.

Socrate dice che “l’anima è immortale e sopravvive alla more del corpo per allontanarsi sano e salvo”, Platone sostiene che l’anima esiste ancor prima del corpo mortale e che esisterà dopo la sua morte.
E questo da luogo al concetto di reincarnazione. Platone afferma che un individuo dovrebbe vivere nel modo più “santo” possibile altrimenti per mancanza di virtù nella vita succesiva potrebbe avere disgrazie.

Platone discepolo di Socrate e il dualismo di anima e corpo

Diversamente da Socrate altri filosofi pensavano che l’uomo, una volta morto il corpo che lo ospitava, non fosse altro che un respiro che si disperdeva nell’aria. Certo è che dopo di lui in  molti si interessarono all’argomento, ma fu Platone, discepolo di Socrate a dare un impulso a questa ricerca dell’anima.

Le sue teorie e i suoi principi divennero fondamentali nella filosofia occidentale. Egli fu il primo a postulare quello che poi si sarebbe chiamato “concetto dualistico” di mente e corpo. La parola che lui utilizzò “psyche”, significava sia mente che anima.

Il dualismo sostiene che ogni uomo è formato da un’anima intrappolata in un corpo che la prima è del tutto simile al divino: è immortale e capace di pensiero, è immutabile e indecomponibile. E proprio per questa sua natura l’anima ha una sua esistenza indipendente dal corpo.

Socrate, corpo e anima l’essenza dell’uomo

Contro Socrate, uno dei più grandi pensatori greci, furono montate false accusa e venne condannato da un tribunale a bere cicuta. Il motivo di questo era il suo atteggiamento critico e pungente verso la classe dirigente ateniese.

Non scappò, non si mise in salvo, non negò, perchè sarebbero state come ammissioni di colpevolezza. Era il 399 a.C. Socrate trascorse le sue ultime ore di vita conversando con amici e discepoli, tra cui c’era il giovane Platone. Lui a sua volta fu maestro di Aristotele.

Ma torniamo a Socrate. La sua ultima conversazione avvenne in cella ed ebbe per soggetto l’Eternità. Discussero della morte e delle possibili vite ultraterrene. Il grande filosofo era convinto che la morte altro non fosse che il mezzo attraverso il quale il corpo e l’anima si separavano.

Atlantide, da Socrate verso Platone e oltre

Oggi, per il ciclo Atlantide, vedremo come Platone sia venuto a sapere della affascinante popolazione attraverso una cronologia fatta con l’aiuto dei testi platonici, ripresa da Enrico Baccarini.

Nel 9000 a.C., gli antichi egizi vengono conquistati da Atlantide, ma liberati da Atene
– I sacerdoti e gli studiosi egiziani registrano gli avvenimenti su papiro, che successivamente verranno riportati nel tempio di Neith a Sais
Nel 590 a.C., Solone visita Sais, parla con Psonchis (o Sonchis da lì da inizio al poema epico Atlantikos
– Un parente di Solone, Crizia II (591-501 a.C.), viene a conoscenza della storia
Crizia III (nato apparentemente nel 511 a.C.) apprende la storia dal nonno Crizia II e la racconta poi a Socrate
Socrate (469-399 a.C.) la racconta al suo allievo, Platone (427 circa-347 a.C.), non si conosce se lo stesso Platone abbia letto il manoscritto incompleto Atlantikos. Dopo qualche tempo scrive i suoi dialoghi Timeo e Crizia intorno al 360 a.C.