Streghe e civette hanno sempre fatto parte della storia dell’uomo. In latino la parola “strix” indicava sia l’animale, ovvero la civetta, che la strega. Fin dall’antichità se ne parlava. Per i romani, citiamo ad esempio Ovidio e Plinio, che ne scrissero, il verso di questo animale rappresentava la morte e quindi, quando lo si udiva si sapeva che portava morte.
Se malauguratamente una civetta entrava in una abitazione o un edificio, le persone scappavano fuori allarmate dall’infausto presagio e non ritornavano all’interno fino a che il luogo non veniva purificato con acqua e zolfo. Questo serviva per distruggere le influenze negative che l’animale aveva portato.
La povera civetta portava questo genere di reazioni un pò in tutto il mondo antico. A causa della loro conformazione e del loro aspetto, insolitamente umano, questi animali notturni, che piombano sulla preda gettandosi dai rami degli alberi, vengono ritenute spiriti maligni.
Con la loro faccia schiacciata e i grandi occhi incutevano strane sensazioni a chi le incrociava sul proprio cammino. L’associazione di questo animale con la stregoneria avvenne nell’Europa Medioevale, dove prese piede, a continuò fino ad arrivare nel periodo elisabettiano.
Secondo quanto si racconta e appare in un mosaico romano, la civetta era anche invocata per allontanare le maledizioni e aveva la funzione i tenere lontano il malocchio. Nella letteratura se ne è parlato non solo in opere di grandi letterati romani e latini, ma anche in quelle di grandi drammaturghi inglesi.
Citiamo il Macbeth, nel quale le streghe aggiungono proprio un’ala di allocco per completare il loro intruglio fumante. E ancora, sempre nella stessa opera, dopo che un urlo ha lacerato il silenzio, è Duncan che viene ucciso, Lady Macbeth recita di aver sentito la civetta strillare. Quindi questo, essendo presagio funesto, le aveva atto capire che era la condanna a morte di qualcuno. La lady aveva preso il verso dell’animale come una “sinistra buonanotte”. Difatti poi qualcuno era morto.