Contro Socrate, uno dei più grandi pensatori greci, furono montate false accusa e venne condannato da un tribunale a bere cicuta. Il motivo di questo era il suo atteggiamento critico e pungente verso la classe dirigente ateniese.
Non scappò, non si mise in salvo, non negò, perchè sarebbero state come ammissioni di colpevolezza. Era il 399 a.C. Socrate trascorse le sue ultime ore di vita conversando con amici e discepoli, tra cui c’era il giovane Platone. Lui a sua volta fu maestro di Aristotele.
Ma torniamo a Socrate. La sua ultima conversazione avvenne in cella ed ebbe per soggetto l’Eternità. Discussero della morte e delle possibili vite ultraterrene. Il grande filosofo era convinto che la morte altro non fosse che il mezzo attraverso il quale il corpo e l’anima si separavano.
Questo suo convincimento fece si che fosse pronto a bere la cicuta e a rallegrarsene convinto che non sarebbe morto, bensì avrebbe avuto la libertà. Fu un lungo discorso, ma prima che Socrate prendesse la cicuta era già riuscito a convincere e forse anche a dimostrare che l’anima era immortale.
Socrate sosteneva che l’uomo fosse formato dal corpo di carne e da un’anima spirituale che gli dava vita. L’anima, alla morte del corpo, essendo immortale, lo lasciava. Dove andasse era argomento di discussione profonda perchè nessuno avrebbe saputo anche solo sommariamente dire.
C’erano tante teorie, ma niente di più. Alcuni sosteneva che al momento della morte del corpo l’anima si dissolveva nel nulla, secondo altri un’anima non esisteva nemmeno. All’inizio fu compito della religione sondare il campo e stabilire dove finisse l’anima dell’uomo, o forse l’uomo stesso.
Con il tempo però i filosofi si associarono ai religiosi per la ricerca, trovare qualcosa che potesse risponde e determinare l’esistenza dell’anima. Volevano tutti trovare una soluzione pratica, valida e che andasse bene proprio a tutti.