Bastavano dicerie e false testimonianze, come risaputo, per far condannare una donna ritenuta e presunta strega, ma questo non impedì che venissero studiati sistemi per cercare di verificare la colpevolezza o innocenza delle indiziate.
Uno dei metodi più comuni era l’ordalia d’acqua, pratica molto antica che arriva addirittura dal codice di Hamurrabi del II millennio a.C. che inizialmente veniva impiegata per qualsiasi crimine e nel XVII divenne invece test eseguito sulle streghe.
La pratica consisteva nel gettare la donna in acqua. Se galleggiva era una strega e quindi veniva giustiziata, se andava a fondo, come succedeva spessissimo, moriva annegata, ma questo la rendeva degna di sepoltura.
Alle donne, prima di essere gettate nell’acqua venivano legate mani e piedi insieme, pratica che ne faceva galleggiare parecchie, ma era anche ovvio che alcune di loro andasse a fondo e finisse per morire annegata. Poteva però anche succedere che vedendo la poveretta andare a fondo qualcuno mosso a compassione per la sua innocenza decisedesse di tirarla fuori impedendole una brutta e inutile fine.
In alcune circostanze, come ad esempio la prova dell’ordalia su una certa Mary Sutton, il processo veniva raffigurato in dipinti e disegnato in opuscoli. Della sua prova dell’ordalia ne rimase traccia su un opuscolo appunto del 1613.
L’ordalia era utilizzata anche quando una donna non confessava dopo essere stata torturata. Poteva capitare che prima di essere gettata in acqua fosse anche infilata in un sacco di iuta. Come potesse questo confermare la sua colpevolezza o meno è un mistero.
Questa sistema fu bandito dall’Inghilterra, dopo che Giacomo I l’aveva approvato per aver concordato con l’idea che una strega che ha rifiutato l’acqua del battesimo viene rifiutata dall’acqua e quindi galleggia, nel 1700, ma continuò a persistere come credenza popolare tanto che nel 1865 furono condannati due uomini di Castle Hedingham per averla utilizzata contro una presunta strega.