Continuo il discorso iniziato qualche tempo fa sul dualismo tra anima e corpo portato avanti tra gli altri anche da Platone. Torniamo al concetto che il corpo è un peso per l’anima e i due sono tenuti insieme da piacere e dolore.
È la morte che libera l’anima da questo peso quindi va considerata come uno scioglimento e separazione che porta a liberare dalle passioni e alla vera conoscenza. Platone era profondamente convinto dell’immortalità dell’anima e questo rendeva meno spaventosa la morte.
Socrate dice che “l’anima è immortale e sopravvive alla more del corpo per allontanarsi sano e salvo”, Platone sostiene che l’anima esiste ancor prima del corpo mortale e che esisterà dopo la sua morte.
E questo da luogo al concetto di reincarnazione. Platone afferma che un individuo dovrebbe vivere nel modo più “santo” possibile altrimenti per mancanza di virtù nella vita succesiva potrebbe avere disgrazie.
Platone dimostra l’immortalità dell’anima e anche l’esistenza “prenatale” di questa quindi tutta la nostra conoscenza nella vita attuale non è altro che reminescenza di quelle precedenti.
Secondo il filosofo “le nostre anime esistevano dunque anche prima di assumere la forma umana, separatamente dai corpi, ed erano dotate di intelligenza”. In pratica c’è un’anima immortale che ciclicamente acquisisce un corpo che vive per un certo numero di anni e poi lo molla alla morte.
Tutte le idee di Platone furono portate avanti dal suo più promettente allievo, Aristotele. Questo però andò oltre arrivando a sostenere che il corpo fosse come una nave e l’anima il suo comandante.
L’anima, forza stimolatrice, muoveva il corpo e questo era solo uno strumento. Aristotele scrisse il libro “De Anima” nel quale cercò di stabilire la natura e l’essenza dell’anima. Sostenne anche che è l’anima a plasmare la materia e dare ad essa una frma. Un concetto decisamente particolare e moderno, se vogliamo.