Le fiabe nella loro semplicità e fantasia esistono per raccontarci sempre qualcosa di profondo, qualcosa che deve lasciarci il tempo di riflettere su noi stessi e su come viviamo la vita e affrontiamo gli ostacoli. Nessuno quando nasciamo ci dà un manuale per come essere forti, o per come affrontare con coraggio le nostre paure, un manuale su come è giusto comportarsi, su qual’è la strada giusta, è la vita che ci insegna a piccoli passi, a colpi a volte bassi, con i dolori e le gioie cosa è meglio per noi. Delle volte impariamo la lezione delle volte no.
Le fiabe servono un po’ a questo a indirizzarci sulla strada giusta da prendere, un piccolo aiutino, un qualcosa che possiamo interpretare e far quel consiglio nostro. Oggi vedremo un racconto cinese su come a volte l’essere felici o tristi, l’essere fortunati o sfortunati sta tutto nel modo in cui vediamo le cose, nella loro prospettiva e nel nostro non abbatterci.
NEL PAESE DI BRACCIOTESO
“Era tornato tutto triste da scuola Palì. Tutto triste davvero. E la mamma se ne era accorta: le mamme se ne accorgono sempre quando sei triste.
«Che c’è Palì? Dillo a mamma! Perché sei triste?»
Lui, il piccolo Palì, niente. Muto, non diceva nulla. Ma la mamma che sapeva come prenderlo chiese: «Problemi a scuola? Di’ la verità… guarda che se hai preso un brutto voto non fa nulla?! Capito?»
«No, non è questo…»
«E allora che c’è… avanti dillo a mamma tua».
«Oggi a scuola la maestra ci ha parlato dell’inferno… e mi ha fatto paura».
«Perché, cosa vi ha detto?»
«Ha detto che è tutto pieno di fiamme e la gente brucia».
«Ma guarda che questo è un modo di dire… un modo per dire che si sta male… Devi sapere che in un paese lontano lontano, a destra di tutte le cartine geografiche, si racconta la storia di un uomo che aveva visto l’inferno e il paradiso e quando gli chiesero cosa avesse visto raccontò che tutti, all’inferno come in paradiso, avevano la stessa tavola imbandita con ogni prelibatezza ma all’inferno erano tutti tristi e sconsolati perché le posate erano delle lunghissime bacchette, con le quali era impossibile portare il cibo alla bocca ed erano tutti magri magri e tristi. Nel paradiso non è che mangiassero nulla di diverso né che avessero bacchette più corte ma… ascolta bene… erano tutti allegri e sazi perché si imboccavano l’un l’altro».
Palì era più sereno e disse: «È proprio come la storia che mi ha raccontato papà!»
E la mamma: «Quale?»
Così, una storia per uno, anche Palì raccontò la sua.
Ed era la storia del paese di Braccioteso dove tutti gli abitanti non avevano i gomiti, così non potevano piegare le braccia. C’erano due famiglie: la famiglia Tuttomio e la famiglia Pensoatté.
A casa Tuttomio, nonostante le prelibatezze che cucinava la mamma, nessuno mangiava, erano tutti affamati, arrabbiati e nervosi. Li si sentiva litigare, dire parolacce e nel tempo erano diventati magri quasi come grissini. Perché? Perché chiaramente non riuscivano a mettersi in bocca tutte quelle prelibatezze.
Appena di fronte abitavano quelli della famiglia Pensoatté. Erano conosciuti come le persone più gentili, allegre e giocherellone del paese. Godevano di ottima salute e di certo non sembrava che morissero di fame.
Un giorno, all’ora di pranzo, spinto dalla curiosità e dall’invidia Martino Tuttomio andò a spiare dalla finestra la famiglia Pensoatté e vide una cosa inaudita.
Cosa aveva scoperto?
Stavano tutti seduti attorno a una tavola rettangolare e a due a due si imboccavano l’uno con l’altro.
Una scoperta sensazionale. Martino, entusiasta, corse a dirlo a tutto il paese. Da allora tutti seguirono l’esempio della famiglia Pensoatté e vissero felici, contenti e ben sazi.
«Vedi – gli disse la mamma – il paradiso e l’inferno sono nel cuore delle persone, nei loro comportamenti, e quindi è come se esistessero dentro di noi quando ci comportiamo bene o male con le persone o le cose».
Palì era davvero più contento ora. Come se fosse in paradiso.”