Nella prima parte della meditazione dedicata alla runa Inguz, abbiamo appena iniziato il cammino ed abbiamo incontrato il Dio e la Dea che in primavera fertilizzano i raccolti. Fin qui tutto bene, ma cosa ci nasconde di oscuro questa runa? Proseguiamo quindi e scopriamolo insieme.
La fresca brezza di primavera fa svolazzare al dio Ing i suoi capelli d’oro e la barba, il suo mantello color azzurro cielo svolazza nel vento. Le vecchie donne del paese si apprestano a portare allo scoperto una ragazza; la ragazza scelta per il Dio. Lei è vestita di soli rami di betulla e fiori, i suoi lunghi capelli castani ondeggiano sopra di lei e le coprono i seni nudi.
Il carro si ferma, il Dio Ing scende dal suo cavallo, fa salire in sella la fanciulla: il cavallo timido e spaventato dapprima, si calma e d intorno a loro la terra di fa fertile e iniziano a sbocciare i primi fiori. Un grido di gioia prende tutto il popolo.
Ing rimonta sul suo stallone soddisfatto e la processione divina continua. Ad ogni passo del Dio e della Dea, l’erba germoglia, gli alberi mettono fiori, foglie e frutti nuovi ed un tripudio di colori inonda l’atmosfera. La processione prosegua in riva ad un laghetto, su di una sabbia bianca e soffice. Il carro viene trainato fino nelle acque del fiume. Un traghetto è lì ad attendere. Seguite con lo sguardo la processione che va via allontanandosi. Il Dio e la Dea salpano su traghetto e si allontanano.
Scorgete però un isoletta paludosa, triste e malconcia, osservatela. C’è qualcosa di strano, di morto! Un qualcosa che stona con il resto del paesaggio fiorito che è dietro di voi.