In India il matrimonio è considerato un sacramento, ma è anche un modo per ripagare il proprio debito agli antenati, secondo i Veda, infatti, la vita degli Indù è scandita da tappe obbligatorie ed auspicabili, una volta che lo stadio dello studente è passato, si passa alla tappa successiva e cioè quella di padrone di casa chiamato “Grihastha”.
Il matrimonio quindi è visto si come unione della coppia ma anche come l’unione delle due famiglie, questo porta quasi sempre a dei matrimoni organizzati, dove i genitori incominciano a cercare il partner ideale, considerando però diversi fattori quali; la casta, il credo, il quadro astrale di nascita, lo stato sociale ed economico della famiglia. I genitori della ragazza inoltre devono farsi carico dell’organizzazione del matrimonio nonché delle spese, aggiungendo un importante corredo di gioielli e regali vari, per ovviamente impressionare favorevolmente i futuri suoceri. Questa tradizione nel corso degli anni ha portato a un’avidità popolare, finendo per costruire la terribile trappola del sistema delle dote, che distrugge l’economia di famiglie intere e causa la non-nascita o l’infanticidio di migliaia di bambine indiane.
Da tutto questo si deduce che il matrimonio d’amore non è contemplato, ed altamente osteggiato dai religiosi ortodossi, questo perché esso porta a non considerare la casta e tutti gli altri fattori. La scelta autonoma però può avvenire tra le caste benestanti, infatti durante il rito del Swavamvaras, le ragazze scelgono il loro sposo tra i tanti giovani riuniti.
Nel Mahabharata, il più grande poema epico-religioso indù, si raccomanda che le ragazze, passati 3 anni dalla comparsa della pubertà cerchino durante il quarto anno un compagno per proprio conto; e si specifica che non aspettino oltre che i familiari lo scelgano per loro. Questo ” non attendere oltre ” ha portato ai matrimoni infantili per le ragazze. Anche la poligamia era contemplata nelle Scritture ma, avversata legalmente da tempo, oggi non è concepibile.