La Swift, con rammarico, andò con due revisori fiscali ed il suo assistente a prendere il fasciolo di Kidd nella camera blindata sotterranea della First National bank di Phoenix. A causa di lavori era stata tolta la corrente elettrica e dovettero farsi luce con una torcia in mezzo a centinaia di pratiche.
La Swift prese la scatola che conteneva tutto il materiale raccolto sul vecchio cercatore, la aprì desiderosa di dare un ultimo sguardo a quell’uomo a cui si era affezionata. Poi prese in mano il plico di titoli tenuti insieme da un elastico e, come sbucato dal nulla, scivolò fuori ciò che in tuti quegli anni avevano sempre cercato e mai trovato: il testamento di James.
Era scritto su un foglio di carta di quaderno ingiallito dal tempo. Geraldine ne riconobbe la calligrafia e la firma, ma inizialmente pensò fosse uno scherzo visto il contenuto, ma poi risultò essere autentico.
Datato 1946, ovvero tre anni prima della scomparsa di Kidd, tratteggiava la vita dell’uomo che senza eredi o familiari, decideva di lasciare la sua fortuna a quelle associaizoni che si occupavano di ricerche sull’anima e inseguivano la speranza di dimostrarne l’esistenza.
Ebbene sì. Il solitario cercatore d’oro, che vestiva in modo sciatto e faceva una vita a dir poco dura, era un uomo profondo che si era fatto domande impegnative e cercava risposte. James Kidd era certo, e lo aveva anche scritto nel testamento, che un giorno la scienza avrebbe provato che l’anima, alla morte del corpo se ne esce e se ne và. Era altrettanto certo che prima o poi qualcuno avrebbe fotografato questo momento topico.
Geraldine Swift ora sapeva cosa fare: battersi affinché le volontà di james fossero rispettate, nonostante il denaro dell’uomo facesse “gola” allo Stato. Ne amministrò il patrimonio per anni in attesa della decisione dei giudici. Finalmente aveva capito per quale motivo era sempre stata attratta dalla vicenda e dal cercatore, forse aveva “sentito” il richiamo dell’anima…