Siamo giunti alla fine di questa simpatica leggenda che spiega perché i tre giorni più freddi dell’anno vengono chiamati i “giorni della merla”. Negli scorsi articoli abbiamo visto la vicenda tra il Generale Inverno e i merli dispettosi che sono stati giustamente puniti,adesso ne vedremo l’epilogo. (Per chi si è perso le “puntate” precedenti potete trovarli nei link sottostanti).
La leggenda dei giorni della merla I parte
La leggenda dei giorni della merla. II parte
[…] Ed i giorni più freddi dell’anno finirono. Il Generale Inverno sfogò tutto il suo potere.
I merli poterono uscire dai loro ripari, e corsero a mangiare i primi fili d’erba per placare i morsi della fame, ma poi piano piano si accorsero che qualcosa in loro era cambiato; le loro candide piume avevano cambiato colore. Dopo tre giorni trascorsi dentro i camini le loro piume si erano impregnate di fuliggine ed erano diventate tutte nere. Provarono così a lavarsi nella pozza della neve sciolta, si strisciarono le piume nelle prime foglie verdi, si beccarono l’un l’altro, ma non ci fu nulla da fare: erano diventanti neri come la pece e nulla potè farli ritornare bianchi.
Il Generale Inverno si godette lo spettacolo, quindi tirò fuori il suo vocione e disse in tono stentoreo: “Che questo serva da lezione a voi e a tutti gli animali: non si scherza con le stagioni, con il freddo, con il clima. Non ci si può prendere gioco della Natura. Da oggi in poi gennaio avrà 31 giorni e i suoi ultimi tre giorni saranno i più freddi dell’anno. Per ricordare a tutti questa storia voi merli, che più di tutti avete scherzato, porterete per sempre queste penne nere”.
Questa leggenda ha il compito di spiegare non solo il perché esistono i giorni più freddi dell’anno e del motivo per il quale vengono chiamati così, ma c’è una ragione più intrinseca e sottile del perché questa leggenda è importante. Essa ci fa capire che la Natura non deve essere mai sfidata, che ogni stagione ha la sua importanza e che bisogna apprezzare sia i giorni freddi che i giorni caldi, sopratutto non bisogna mai cantare vittoria prima del tempo.