Il Kyudo è quella che viene chiamata “la via dell’arco” dove il bersaglio è la mente e l’arciere si confronta con il proprio io interiore. L’obiettivo è raggiungere sempre più la padronanza di sè attraverso l’integrazione perfetta tra il corpo e la mente, la freccia e l’arco.
L’arciere non solo deve trovare l’armonia per la posizione di lancio, ma anche una serenità interiore priva di egoismi, obiettivo dell’antica filosofia zen e di origine buddista. L’arco inizialmente era solo un’abilità esclusivamente militare, ma già nel ‘700 la nobiltà giapponese riconobbe che tirare con l’arco portava all’autodisciplina.
Nel 1100 il buddismo raggiunse anche il Giappone e il tiro con l’arco divenne il Kyudo, una via per la conoscenza spirituale. Con il tempo le comuni armi da fuoco presero il posto dell’arco, che rimase utilizzato solamente da monaci zen e membri delle classi dirigenti come esercizio mentale oltre che fisico e spirituale.
In Giappone ci sono ancora decine di migliaia di arcieri che studiano sotto la guida dei maestri kyudo. Per un buon lancio è necessario avere un controllo perfetto della respirazione ed essere in grado di controllare in maniera impeccabile l’arco asimmetrico.
La sua lunghezza può arrivare anche a due metri e trenta centimetri. Ma determinante per la buona riuscita dei tiri è anche raggiungere uno stato mentale di perfetta coscienza e intenza rilassatezza. La freccia deve idealmente essere lanciata nel momento culmine della pace mentale.
Questo momento corrisponde però all’istante di prontezza “inconscia” in cui l’arciere non è del tutto consapevole del lancio. Un proverbio zen recita: “il lancio sarà armoniso solo quando coglie l’arciere di sorpresa”. In tal caso il tiro colpirà facilemtne il bersaglio anche se questo è un fattore secondario. E come dice un altro proverbio l’importante e che “l’arco è solo uno strumento per liberare la mente” e in questo sembra funzioni.