Ippocrate, come tanti medici anche nei giorni nostri, era convinto che ci fosse una connessione tra la mente umana e il corpo e che i sogni rendessero possibile avere indizi sulle condizioni fisiche dell’individuo.
Pensava che sognare il colore nero fosse il sintomo di un’infermità mentre il sogno di volare significava alienazione mentale, secondo lui i sogni potevano anche preannunciare malattie.
Altri filosofi greci, come ad esempio Platone, abbandonarono l’idea di curare con l’utilizzo di agenti esterni. Questi ipotizzò che dai sogni si potesse capire se la vita dell’individuo era equilibrata.
Socrate poi sosteneva che anche nel più buono degli individui si agita una “natura bestiale” che si ritrova nei sogni. Nemmeno Aristotele, vissuto nello stesso periodo di Socrate, ma più giovane di lui, sosteneva che i sogni fossero di ispirazione divina.
Difatti affermava che se fossero stati messaggi degli dei questi li avrebbero inviati solamente a persone intelligenti e acculturate. Alcuni sogni venivano ritenuti profetici, ma veniva loro data una spiegazione molto semplice: durante il giorno si aveva avuta una preoccupazione, un pensiero fisso, che veniva riportato nel sonno.
Anche secondo Aristotele i sogni potevano dare indicazioni sulla salute del paziente ritenendo che la mente riusciva meglio a mettere a fuoco piccoli particolari “interni al corpo” in momenti di sonno piuttosto che di veglia.
Durante il sonno, la mente, disimpegnata dal fare tutto il resto, poteva concentrarsi sulle problematiche interne e in sogno suggerire un trattamento o una cura. Il sogno poi naturalmente andava interpretato.
Questi filosofi però erano gli unici a pensarla così. I greci, in generale, erano convinti che i sogni venissero dagli dei. E per averne un’interpretazione andavano a consultare gli interpreti. Il più famoso tra loro fu Artemidoro di Daldi vissuto nel II secolo. Fu lui che ne catalogò più di tremila in cinque libri, ma questo sarà tema per il porssimo articolo.