Rudolf Steiner nacque nel 1861 in Jugoslavia, da genitori austriaci e si dimostrò fin da subito un bambino “diverso”. Da quanto lui stesso raccontava, fin dai primi mesi di vita si rese conto che esisteva un “mondo invisibile” che in seguito avrebbe chiamato “regno dello spirito“.
Divenuto adulto fu padre del movimento antroposofico e descrisse con dovizia di particolari alcune esperienze che visse prima dei dieci anni. Narrò di una donna disperata che gli era apparsa e che aveva appena lasciato il mondo dei vivi. In seguito seppe che una sua parente si era suicidata proprio quel giorno.
Gli esseri che vedeva spesso gli apparivano più reali delle persone che lo circondavano, ma ben presto capì che non tutti, anzi a dire la verità molto pochi, avevano le sue stesse capacità. Pur essendo un bambino gentile ed educato rimase solitario e isolato, chiuso nel mutismo e pensieroso.
A scuola andava benissimo in matematica, ma a veva difficoltà a leggere e scrivere e questo lo portò a riflettere e alle sue conclusioni pedagogiche. Studiò all’università ingegneria civile, come desiderava il padre, dove eccelse, però nel tempo libero si dedicava alla filosofia.
Lesse Kant a quattordici anni, ma ne rimase deluso. Steiner aveva avuto esperienze extrasensoriali e Kant negava la possibilità che un uomo potesse verificare la propria conoscenza di di fenomeni materiali e spirituali.
Dedicò quindi la sua vita alla scoperta del “sapere”. Studiò tutte le teorie filosofiche e sceintifiche della sua epoca, ma ne ebbe solo frustrazione. Non riusciva a trovare nessun contemporaneo che riconoscesse l’esistenza del mondo spirituale, parallelo a quello materiale.
Poi successe un fatto inaspettato e apparentemente casuale, che cambiò la sua vita. Era sul treno che prendeva per andare a Vienna, dove studiava all’accademia, e si trovò a conversare con un contadinotto rozzo di nome Felix Koguski che vendeva ai farmacisti viennesi erbe raccolte nei campi. Felix gli spiegò che lui conosceva gli spiriti ed era loro amico, lo era diventato grazie alla sua “dimestichezza” con le piante. (continua)