Tra le civiltà precolombiane quella Maya era certamente la più evoluta e, a ben guardare, vi possiamo trovare forti collegamenti con la nostra. Per esempio anche loro praticavano il gioco del calcio, anche se in modo molto differente.
Il campo da calcio più antico risale a 25 secoli fa ed è stato trovato nei pressi della città di Merida, nello Yucatan, durante gli scavi per la costruzione di abitazioni.
Per i Maya il calcio non era solamente un gioco, ma rappresentava il rito della creazione della Luna e del Sole, dopo la partita tra gli dei Ixbalanqué e Hunahpu con il Sottomondo.
Di questo gioco non si sa moltissimo e le congetture fatto sono parecchie. Alcuni dicono che fosse giocato a sette e che la squadra perdente venisse immolata agli dei, altri sostengono che fosse quella vincente ad essere sacrificata e che lo facevano con l’idea di aggraziarseli, per cui in questo secondo caso, vincere e morire era per loro un onore.
Dal poco che si sa la palla pesava quattro chili ed era fatta di dura gomma. I sacrifici umani legati al gioco appaiono solamente in un secondo tempo e tra le due ipotesi citate sopra pare che la più accreditata fosse la prima e che a subire la sorte del sacrificio fossero i perdenti.
In una partita spesso pilotata il capitano della squadra che perdeva, di solito prigionieri, veniva decapitato. Di questo troviamo parecchie iscrizioni, specialmente a Chichén Itzá. Accenni a questo si possono trovare anche nel Popul Vuh, libro dei Maya.
Praticare questo gioco permetteva di mantenere l’ordine cosmico e di rinnovare la vita ogni volta. Il sacrificio umano serviva per ingraziarsi gli dei e placare la loro rabbia, ma come detto in precedenza venne introdotto solo con l’arrivo dei Toltechi. Sarebbe bello poterne spere di più per dipanare la matassa, ma i Maya, pur essendo il popolo precolombiano più avanti di tutti, resta anche il meno conosciuto.