Eusapia Palladino, italiana con poteri paranormali – parte II

Gli studiosi che furono invitati su Roubaud, l’isola di Richet, erano Frederic W.H. Meyers e sir Oliver Lodge, membri della British Society for Phisical Research (SPR) fondata nel 1872 da alcuni studiosi di  fenomeni paranormali di Cambridge.

Richet fece fare un tavolo pesantissimo e con le gambe a punta in modo che la Palladino non potesse utilizzare nessun trucco per sollevarlo, come ad esempio i piedi. Però appena vi mise sopra le mani il tavolo si mise a sussultare e poi si sollevò completamente da terra senza che lei ne fosse in contatto.

Dopo molti esperimenti Richet e i colleghi affermarono che non aveva utilizzato trucchi e i suoi poteri erano autentici. I due studiosi la invitarono a Cambridge alla loro riunione a ttuale dove venne fatta cadere in trappola da uno dei presenti, colta a barare e cacciata.

Eusapia Palladino, italiana con poteri paranormali – parte I

Eusebia Palladino nacque nel Sud dell’Italia nel 1854 cominciò ad essere soggetta a fenomeni di psicocinesi spontanea fin da bambina. All’età di dodici anni rimase orfana e i suoi poteri si manifestarono in tutta la loro portata quando la ragazza ebbe all’incirca vent’anni ed era sotto la tutela di un certo Damiani.

Non è dato di sapere esattamente quali fossero gli studi alla quale la giovane veniva sottoposta: veniva considerata rude, rozza e anche molto ignorante e incolta. Non considerava i suoi poteri qualcosa di particolarmente insolito e prezioso. In alcuni casi pare fosse stata trovata a usare inganni, ma in parecchi sostenevano che fosse in grado di provocare ben 39 fenomeni paranormali.

Attorno al 1890 uno psichiatra scettico, tale Cesare Lombroso, fu molto colpito dai racconti e volle andare a Napoli convinto di poterla smascherare. Invece dovette ricredersi. Grazie al suo parere positivo alcuni scienziati internazionali e intellettuali invitarono la Palladino a Milano per vederla all’opera.

Neville Rowe: l’uomo senza equilibrio e i delfini

Neville Rowe era una persona molto particolare, che comunicava con un gruppo di delfini chiamato Cajuba. Per la mente collettiva di questi delfini lui era il tramite, il ponte tra due mondi che metteva in comunicazione due specie, quella umana e quella dei delfini.

I delfini sono ritenuti animali intelligentissimi, simbolo della pacifica convivenza, sono sempre in gruppo. Cosa che a quanto pare l’uomo non è in grado di fare. Rowe aveva iniziato a comunicare con loro al Sea World di San Diego, in California.

Il metodo utilizzato dagli intelligenti mammiferi era la vibrazione che poi veniva tradotta in parole attraverso la mente del canale, in questo caso lo stesso Rowe. Cosa dicevano? Che volevano aiutarci a capire noi stessi e il nostro mondo, loro e il loro di mondo per trovare un equilibrio.

Anne Moberly e Eleanor Jourdain, viaggio retrocognitivo – parte III

Anne e Eleanor arrivarono finalmente nei pressi del Petit Trianon e la prima vide una giovane donna bionda intenta a dipingere che sembrò quasi seccata della loro intrusione. Quando entrarono nel palazzo quasi si scontrarono con un gruppo di turisti.

Non parlarono tra loro di quanto era successo per un’intera settimana, probabilmente ancora incredule, o forse per la profonda depressione in cui entrambe erano cadute. All’inizio si scambiarono poche informazioni, poi ne tacquero per parecchi mesi, infine ne discussero.

Conclusero che il Petit Trianon doveva essere infestato. Le donne però avevano visto persone differenti. La Moberly aveva vistola donna seduta in giardino, Eleanor no. Scoprirono che il dieci agosto era una ricorrenza particolare, perchè cadeva l’annivewrsario dell’arresto della famiglia reale.

Le due donne si chiedevano se per caso non avessero intercettato una traccia telepatica della regina Maria Antonietta che aveva molto amato quei luoghi.

Anne Moberly e Eleanor Jourdain, viaggio retrocognitivo – parte II

Tutto intorno a loro non c’erano turisti, ma più avanti, quando il viottolo si ramificava in tre, incontrarono due uomini dall’aspetto serio, che indossavano giacche verdi e cappelli a tricorno. Dato che avevano in mano vanga e carriola le due donne pensarono fossero giardinieri.

Eleanor chiese loro come fare per raggiungere la Petit Trianon, però ottenne una risposta molto fredda e meccanica che non comprese, così lo domandò di nuovo ottenendo la medesima risposta. Poi la sua attenzione cadde su una donna e una ragazza che stavano sulla porta di un villino poco distante. Indossavano abbigliamento molto antiquato e all’improvviso la donna si sentì cogliere da una strana inquietudine e depressione.

Non rivelò alla Moberly le sue sensazioni anche se si sentiva via via sempre più triste. Anche questa però cominciò a sentirsi sempre più triste. Ognuna immersa nella propria tristezza continuarono a camminare e arrivarono ad un altro punto dove il sentiero si diramava in due, a destra e a sinistra.

Anne Moberly e Eleanor Jourdain, viaggio retrocognitivo – parte I

Nel 1911 le due donne pubblicarono il libro “An Adventure”, tradotto in itailiano “Un’avventura”, in cui raccontarono della inquietante esperienza che, una decina di anni prima, avevano avuto nei giardini della reggia di Versailles.

Ma torniamo all’inizio… era il 1911 quando Eleanor Jourdain, invitò Anne Moberly a passare due settimane in vacanza con lei, nei dintorni di Parigi. La Moberly era la direttrice del collegio femminile dell’università di Oxford e Eleanor mirava a diventarne l’assistente.

Nonostante la differenza di età le due donne si trovarono bene insieme, avevano molte cose in comune ed entrambe molto legate alla tradizione. Mentre la Moberty aveva cinquantacinque anni, la Jourdain solamente trentacinque. La prima era una donna timida, con occhi scuri nascosti da un paio di lenti appoggiati su un naso che non passava inosservato.

Retrocognizione, tornare nel passato come in un viaggio nel tempo

C’è una rarissima manifestazione che ha affascinato gli studiosi e i ricercatori psichici e che si chiama “retrocognizione”. Si tratta di un fenomeno nel quale le persone si trovano a rivivere in momenti del passato, vengono trasportati indietro nel tempo. Anche se rapporti su questo tipo di manifestazione non sono nuovi, sono molto più rari che gli altri.

Uno studioso se ne interessò in particolar modo, W.H.W. Sabine, e sostenne che secondo lui la descrizione della creazione della Genesi era basata sulla retrocognizione, ma rimaniamo a tempi più vicini ai nostri. Uno degli episodi che trattano di retrocognizione fu quello raccontato da Coleen Buterbaugh, una segretaria dell’Università Wesleyan in Nebraska e che accadde nel 1963.

La donna raccontò di esere entrata in una stanza del campus e di aver sentito uno strano silenzio, poi di aver percepito la presenza di un uomo ad una scrivania, che però non riusciva a vedere. Ciò che fu in grado di vedere fu la figura di una donna in abiti antiquati, ormai evanescente.

L’anima esce dal corpo, viaggi extracorporei che fanno in molti – parte III

Sant’Antonio da Padova non è l’unico santo ad aver fatto simili dichiarazioni. Anche San Severino di Ravenna, San Clemente di Roma e Sant’ Ambrogio a Milano, hanno avuto esperienze di viaggi dell’anima fuori dal corpo. Una piuttosto curiosa è quella raccontata da Sant’Alfonso Liguori che svenne dopo la celebrazione di una messa e rimase inconscio per ben ventiquattro ore.

Al suo risveglio raccontò d’aver assistito alla morte del papa, Clemente XIV a Roma. La notizia del decesso del papa e dell’ora in cui era avvenuto il decesso fu confermata tempo dopo da un messo pontificio e i presenti al capezzale del Papa dissero di averlo visto tra chi vagava nelle stanze del morente.

Com’era possibile? Nella chiesa, ma anche nelle comunità agricole europee era ben radicata la credenza che mentre il corpo dormiva beato in un letto l’anima vagasse liberamente. Questa diede vita all’idea del “doppio” persistette nelle tradizioni popolari fino al 1800 quando poi cominciò ad essere di interesse generalizzato e divenne base dello “spiritismo”.

L’anima esce dal corpo, viaggi extracorporei che fanno in molti – parte II

Gli scettici rifiutano l’idea dei viaggi extra corporei e di tutto ciò che viene chiamato paranormale, ritenendoli sogni, allucinazioni e cose simili. Chi invece ne sostiene la veridicità, asserisce che, a causa del senso di realtà che si prova nel mentre, è impossibile scambiarle per qualcosa di diverso. Per tutte le persone che ne descrivono le caratteristiche si trovano grandi similitudini.

Uno studioso di questi fenomeni, Eugene E. Barnard, stimò che almeno una persona su cento durante la vita ha un’esperienza di questo tipo. Altri invece sostengono che la percentuale è di 15-20 persone su cento! Un altro ricercatore, Charles T. Tart sostenne che potenzialmente ogni persona potrebbe fare una simile esperienza per il solo fatto di essere vivo.

E le definì un archetipo, secondo ciò che diceva Carl Jung. Ma la storia dei viaggi extracorporei non ha vita tanto breve. Tornando indietro nel tempo scendiamo fino all’epoca della civiltà egizia. Gli egiziani ritenevano che ogni “corpo” avesse un corpo astrale, o spirituale, chiamato “ba”, che alla morte del corpo di carne si staccava da questo senza però abbandonarlo completamente. 

Taryn Krive e i suoi spiriti guida: bisogna osare per riuscire

Fu contattata dagli spiriti guida e ne ricevette i comandi ancor prima di rendersi conto di cosa stesse succedendo. Così racconta Taryn Krive della sua esperienza. Tra le tante la sua preferita è una donna della tribù hopi chiamata “Scorza dl’albero” che ha sempre dato alla Krive serenità e visioni profonde.

Secondo la donna hopi quando dentro di sé si prova una lotta interiore, un dolore, o ci si sente dibattuti, arrabbiati, oppure si provano sensazioni negative, ci i dovrebbe fermare un momento a riflettere e trovare la motivazione che ci fa sentire in quel modo. “A cosa stai resitendo?”, ci si dovrebbe chiedere “Che cosa crea questa cosa che non voglio?”

Ognuno di noi ha nella vita qualcosa che vorrebbe differente, o che non va come si desidera. Perchè? Inoltre, sempre secondo Scorza d’Albero, quando si giudica un altro, si litiga, si dovrebbe trovare ciò che non va e riconciliarsi con quella cosa. “Tutto ciò che cerchi l’hai già in te… Ognuno ha la capacità di far andare la sua vita esattamente come vuole“, solo che non lo sa, è questo il guaio.

Diana Hoerig, channeler: il mago dentro ognuno di noi

Diana Hoerig, una channeler, ha sempre affermato che ognuno di noi può imparare a diventarlo, in modo consapevole e ce non è difficile come si possa credere. Questa donna è la channeler che sostiene di aver incontrato il famoso Mago Merlino, vissuto ai tempi di Re Artù. Il primo incontro risalirebbe al 1980.

La donna ricorda che in quel momento stava meditando. Merlino divenne uno dei suoi spiriti guida e lei la fondatrice dell’associazione de “la rete della fiamma violetta” in California del Sud. Lo scopo per cui è stata creata è di concentrare tutte le energie per fare in modo che governi e istituzioni creino un mondo di verità e integrità.

Impresa per niente facile se si pensa a come siamo ridotti ai giorni nostri! Merlino, contattò la Hoerig per portare un messaggio all’intera umanità. DIfatti lei, dopo averlo ricevuto, lo estese a tutti quanti. Lui sosteneva di rappresentare il “mago che sta dentro ognuno di voi” e uno strumento di luce.

Sogni e premonizioni, sull’onda di Mark Twain

Sembra assurdo, ma “premonizioni” accadono molto di sovente. Spesso si pensa ad una persona e quello poco dopo telefona, oppure si ha la sensazione che ad un parente sia successo qualcosa di spiacevole e si riceve la conferma di lì a poco. Qualcuno sente che non deve salire sul treno e non lo fa e poi a quello stesso treno capita una disgrazia.

Le persone semplicemente “sentono” e di conseguenza “sanno”.  Ovviamente tutti questi episodi possono essere atribuiti al caso e in molti lo fanno. Però situazioni simili accadono talmente spesso che tanti altri sono profondamente convinti che l’uomo non abbia solo cinque sensi.

Secondo quest ultimi esiste un altro senso, una facoltà che ci permette di percepire un fatto prima che accada o di sapere che cosa pensa un’altra persona, o, o, o, sono tantissime le varianti. In passato si aprlava di profezie, miracoli o presagi, ora queste vanno sotto il nome di esperienze extrasensoriali.

Mark Twain e il paranormale: un sogno premonitore sul fratello

Il nome Mark Twain era lo pseudonimo dello scrittore Samuel Langhorne Clemens di Hannibal, che aveva condotto batelli sul Mississippi. Twain, nel gergo dei marinai fluviali significa misura, ma questo non ha molto a che vedere con la storia che si racconta, del suo sogno sul fratello minore, Henry.

Sam Clemens in quel periodo era apprendista pilota sul battello a vapore “Pennsylvania” che faceva la spola tra New Orleans e St. Luis, e viceversa. Suo fratello Henry era impiegato sullo stesso batello. Una notte Sam dormì a bordo, mentre il fratello scese e si sistemò in una pensione sulla terra ferma.

Durante la notte Sam fce un sogno: una bara di metallo sistemata sulle sedie in salotto, con dentro suo fratello che teneva sul petto un mazzo di fiori bianchi con uno solo di colore roso al centro. Quando si svegliò era convinto che fosse tutto vero e uscì senza nemmeno parlare con la madre, solo dopo si rese conto che era stato un brutto sogo, ma talmente vivido da essere reale.

Constantine Hering, approccio alternativo alla malattia – parte II

Il libro di Hering si intitolava “The home-opathist or domestic psysician”, che tradotto in italiano diventa “L’omeopata, ovvero il medico domestico” e conteneva quaranta rimedi casalinghi per risolvere alcuni dei più semplici problemi con cui una persona poteva venirsi a trovare.

In questo suo libro Hering tratta rimedi semplici a largo spettro con cui si può guarire, e che sono identificati da numeri, dall’uno al quaranta. Molti di essi erano indirizzati alla risoluzione e guarigione del comune mal di testa, ma questo sintomo si presenta sotto molte forme differenti.

Per esempio può essere che hai mal di testa come se in quel momento qualcuno te la stia prendendo a calci, oppure se è accompagnato da arrossamenti e rigonfiamenti sul viso, un altro rimedio, il numero tredici, era per quando il mal di testa era associato a disgusto per il caffè. Se invece ad avere il dolore, o disturbo, erano dei bambini ribelli e cocciuti andava usato il rimedio diciassette