Nella Grecia del XVI secolo, si presume, probabilmente un vescoso, formulò e scrisse le sei regole che devono guidare un mago. Eccole. la prima dice che il Mago deve avere fede e non dubitare della sua opera, la seconda che deve mantenere il segreto della magia e condividerlo solamente con i suoi allievi e chi ha la sua stessa opinione.
La terza regola dice che deve essere forte di mente, severo e non aver paura, nella quarta si parla della sua purezza di coscienza, della penitenza dei peccati, in cu non ricadrà più per avere il perdono di Dio. Per le ultime due: deve conoscere le influenze che i pianeti hanno per poter trovare il tempo migliore per gli incantesimi e possedere gli strumenti necessari.
Se il mago avesse seguito queste regole avrebbe raggiunto sicuramente il suo scopo. Molti sono sempre stati i ciarlatani, ma al contrario, i veri maghi avevano un atteggiamento serio e questo ha fatto in modo che ne nascessero tre categorie.
Sul gradino più basso c’è lo stregone che utilizza la magia nera per nuocere. Nel gradino successivo, ovvero quello di mezzo, c’è il mago con nobili intenzioni, che usa i poteri soprannaturali a suoi piacimento e ottiene risultati. Scorge mondi aldilà della realtà quotidiana.
Al livello più alto c’è il Grande Mago che impiega la sua conoscenza per cercare di arrivare al vero significato della vita. Secondo antiche credenze, ciò che si trova quaggiù c’è anche lassù, concetto espresso nella frase “come in cielo così in terra”, primo dei dogmi della magia e inciso su una tavoletta di smeraldo tenuta tra le mani dalla mummia di Carlo Magno.
Sulla tavoletta era anche espresso il concetto di universo come singolo organismo interconnesso, dove una sola cosa riguarda tutte le cose, l’uomo diventa allora un microcosmo nel macrocosmo.