Anche le spedizioni nell’Asia centrale, dove stavano le popolazioni dei Mongoli dei Gengis Khan, non portarono a nulla di fatto. Nelle aspre catene montuose e nei deserti, dove dovevano vivere degli esseri antropomorfi ricoperti di pelo, non trovarono nulla.
Le popolazioni del luogo chiamavano queste creature Almas, o uomini selvaggi, e facevano parte della della fauna locale, del tutto innocui e non ne crearono leggende.
Il fiele di questi essere inferiori pare riuscisse persino a curare l’itterizia. Un aristocratico bavarese, Hans Schiltberger descrisse gli Almas nel 1430 dopo che riuscì a fuggire dalla prigionia. Venne tenuto nella regione di Tien Shan.
Poi si riparlò di queste creature nel 1871 grazie ad un esploratore russo, Nikolai Przewalski. Uno studioso mongolo, Badzar Baradin attraversò in carovana il deserto di Alashan e fu durante questo viaggio videro una di queste creature.
Baradin però fu costretto dal presidente della Imperiale Società Geografica a tralasciare il racconto. Questi racconti però non hanno provato nulla e sono pochi gli avvistamenti degli Almas, al contrario dell’abominevole uomo delle nevi gli Almas non sono mai stati molto al centro dell’attenzione generale.
Al contrario dell’abominevole uomo delle nevi gli Almas sono più bassi, ma sempre ricoperti di pelo scuro. Sono notturni, cioè escono all’aperto solamente di notte ed evitano di incontrare gli uomoni. Nel 1963 però furono visti da Ivan Ivlov, un pediatra che lavorava in Mongolia e che ne aveva sentito parlare.
Successe che un giorno, mentre attraversava i monti Altai vide un’intera famiglia di Almas: un maschio, una femmina e un figlio. Il medico riferì parecchi particolari di queste creature e del loro comportamento, che riuscì a comprendere osservandoli con un binocolo.
La storia però più interesssante di questo genere riguarda una Almas, di nome Zana, che fu tenuta schiava in un fattoria del Caucaso, ma questa è un’altra storia e ve la racconterò la prossima volta… (continua)