Quando si parla di magia non si smette mai di imparare: tra le tante pratiche che vengono eseguite e di cui non si parla spesso c’è anche la grafofagia, ovvero quella branca magica che prevede l’ingerimento della scrittura per far sì che l’incantesimo vada a buon fine o una virtù venga acquisita.
Un tipo di magia ancora presente nel mondo
Questo tipo di magia è ancora molto diffuso sebbene molti coltivino l’idea sbagliata che si tratti di una pratica inesistente, leggendaria forse. Parliamo infatti di un tipo di incantesimo che era molto diffuso a partire dall’antichità e che in alcune tradizioni ha trovato il modo di sopravvivere. Un esempio del suo utilizzo nel corso dei millenni è dato dagli antichi egizi, i quali erano soliti raccogliere l’acqua che si era adagiata per scorrimento o naturalmente sulle statue delle divinità ricoperte di formule magiche per berla con scopi terapeutici.
Per ciò che concerne la legge mosaica e la Mesopotamia, le donne accusate di adulterio venivano condannate a bere dell’acqua nella quale era stata fatta macerare una maledizione scritta: una punizione considerata importante che è sopravvissuta per molte generazioni. E ancora coppe di argilla venivano incise da sacerdoti e loro simili con formule magiche e rituali nei quali veniva fatta scorrere l’acqua per assorbirne poi i benefici con l’assunzione. Sembra che discendano proprio da questa usanza anche le tazzine del terrore utilizzate in Arabia.
Anche alcune religioni usano la grafofagia
La grafofagia è tuttora di appannaggio anche delle religioni attuali. Basti pensare che nell’Africa di maggioranza islamica sono ancora diverse le persone che seguono la tradizione che vuole il bere dell’acqua dove è stata fatta macerare della carta con scritti i versi del corano come rituale. Non solo: alcuni bevono anche l’acqua utilizzata per pulire le tavolette coraniche nella speranza di avere buoni auspici. In Tibet invece sono delle piccole pillole di carta con scritte o piccoli amuleti ad essere ingeriti: anche in questo caso si tratta di un gesto bene augurante o di tipo terapeutico.
Appare evidente che questo tipo di magia punti all’appropriazione del beneficio in tutte quelle fedi che sottintendono la magia della parola. Essa è intesa come dono della divinità, lo strumento per fare chiarezza nel caos usando la magia. Per tradizione molte streghe in questo modo si assegnano nomi segreti e sfruttano i nomi degli spiriti o delle entità nel tentativo di acquisirne i poteri.
La parola quindi, nella grafofagia, funziona quasi come una bacchetta magica speciale che aiuta a portare a termine gli incantesimi ed ha valore grazie alla energia benefica insita in lei.