Nel 1637 Cartesio scrisse il “Discorso sul metodo” in cui espose la sua concezione di supremazia del pensiero, o meglio della ragione, sulle questioni della materia. Da qui nacque il dualismo cartesiano.
Cartesio con il suo dualismo intendeva sostenere che la realtà è data da due tipi di sotanze: una è pensante, l’altra è estesa, dove quella pensante è la parte spirituale e il pensiero è il suo attributo principale.
Non ha estensione spaziale, non è in movimento, non può essere misurata. La parte invece estesa è quella che ha a che fare con l’universo materiale e non ha nulla di spirituale.
Cartesio scrisse ampiamente di queste due componenti che danno vita all’uomo, ma secondo i critici anche di quel tempo non fornì mai la spiegazione di come mente e anima interagiscano tra di loro.
Cartesio le considerava due entità separate con realtà completamente differenti. Per arrivare ad una conclusione mise in dubbio tutto ciò che sapeva, ma non potè mettere in dubbio il fatto stesso di esistere e l’esistenza del pensiero, quindi dell’unità pensante.
Chi è che pensa? Cartesio afferma che “Io penso, dunque sono“. Per lui è una verità inconfutabile: il pensiero è di chi esiste, perchè per pensare bisogna esistere. L’attività del pensiero non è del corpo o dell’ambiente che lo circonda bensì dell’anima, ciò che lui è, qualcosa di interamente distinto dal corpo.
Secondo Cartesio al cesare dell’esistenza del corpo l’anima non avrebbe cessato di esistere. L’anima, secondo lui era immortale e non moriva mai, non poteva essere distrutta e risiedeva provvisoriamente nel corpo, definito solamente una macchina a disposizione dell’essere pensante.
Il metodo di Cartesio metteva in dubbio tutto per poi poterne dimostrare l’esistenza, o non esistenza. Nel suo pensiero dimostrò l’esistenza di Dio che creò dei corpi a cui congiunse un’anima razionale.
Dopo il “Discorso” Cartesio affronta ancora altri argomenti legati a questo nelle “Meditazioni”. (continua)