Oggi torneremo a parlare di Ecate che è la dea del pioppo nero e del salice.
In Nord Europa il legame del salice con le streghe è stretto tanto che la parola witch, deriva dal nome anticamente assegnato al salice e da cui deriva anche wicker, vimine, il materiale con cui la scopa delle streghe inglesi viene realizzato tutt’oggi in onore a Ecate.
Altre piante a lei sacre sono la cicuta e il tasso. La Caledonii Wicca, conosciuta come Tradizione di Ecate, è una corrente che riprende antiche credenze scozzesi.
Per gli antichi Veneti sono assenti le divinità olimpiche maschili ed i fondamenti del loro culto sono antecedenti e di origine anatolica, epoca in cui la Triade era incarnata da divinità femminili.
Sempre in Veneto Ecate era chiamata Tribusiate: difatti gli ex-voto dei santuari di Este, Lagole e Magrè ne attestano la diffusione del culto.
Porfirio parla dell’esistenza di un’Ecate celeste che indossava vesti bianche, sandali dorati e come Apollo era armata di frecce.
Differentemente, nella Teogonia di Esiodo ha un potere supremo sulla Terra – sul Mare e sul Cielo, descrivendola come dotata delle tre teste di Cane – Leone e Cavalla. Le tre teste e corpi indicano i tre sistemi cenestesico – sonoro – visivo:
Ecate nera – Ecate bianca – Ecate rossa
Terra – Mare – Cielo
Frusta – Pugnale – Torcia
Cane / Toro – Leone – Giumenta
Luna nuova – Luna piena – Luna calante
Sist. Cenestesico – Uditivo – Visivo
Nelle visti di una cagna bianca, aveva partorito il tralcio della vite ed allattato Asclepio, il dio della medicina, le sue figlie erano le Empuse, che avevano natiche d’asino e sandali di bronzo ed erano smaniose di sedurre gli uomini.
Nel buio dell’ Erebo vivono le tre Erinni, hanno tutte un viso di cane, chioma di serpenti e ali di pipistrello, il loro corpo è nero ed hanno occhi iniettati di sangue. Le Erinni sono Divinità che non riconoscono altra legge che la propria.
Le tre Gorgoni abitavano ad occidente, Medusa aveva lo sguardo che pietrificava e fu decapitata da Perseo.
Le tre Esperidi erano figlie della Notte , ed Eracle, nel corso delle sue fatiche, si impossessò delle mele d’oro custodite nel loro giardino e le portò nel Tartaro.
fonte Freewebs